Impianto SBR

Descrizione

Impianto SBR piccolo sistema di trattamento acque reflue

Categoria/tipologia: biomassa sospesa, impianto di trattamento secondario a fanghi attivi di tipo sequenziale o a pistone a flusso discontinuo.
Ambiti d’uso: hotel, camping, resort, installazioni turistiche e ricettive.
Abitanti Equivalenti serviti: da 2 a 50 (prefabbricati) utenze maggiori (su misura).
Riferimenti normativi e garanzie: UNI EN 12566-3, d.o.p. Secondo il regolamento UE n.305/2011, D.Lvo 152/06.
Materiali: calcestruzzo, polietilene, polipropilene, vetroresina.


Concettualmente un impianto a fanghi attivi a biomassa sospesa, l’impianto SBR (acronimo di Sequencing Batch Reactor) è un trattamento discontinuo dei reflui;
In realtà rappresenta il primo tipo di impianto a fanghi attivi ideato nei primi anni del ‘900. Sostituito da quelli in continuo per ragioni di carattere tecnico, recentemente sta riacquistando interesse in particolare per piccole comunità.
Il sistema, a differenza del trattamento in continuo, richiede l’utilizzo di manufatti tecnicamente più semplici e in minor numero; non sono infatti presenti vasche di sedimentazione finale e ricircolo dei fanghi poiché le fasi si realizzano tutte nello stesso volume; in modo particolare per nitrificazione e denitrificazione.
Ogni fase ha a disposizione l’intero volume utile e per questo, per ogni fase, è disponibile un volume maggiore.
Non ultimo, la sedimentazione avviene in condizioni ideali, perfettamente statiche ed è quindi di grande efficacia.
A seconda dei risultati richiesti in termini qualitativi, esistono diversi schemi di sequenze di fasi.
Il processo depurativo è lo stesso che si verifica negli impianti a fanghi attivi continui: microorganismi in alte concentrazioni decompongono la sostanza organica e i nutrienti presenti nelle acque reflue per produrre un effluente (in questo caso detto più propriamente surnatante) di buona qualità.
Il processo a fanghi attivi, a differenza di quello in continuo, è realizzato in un unico volume dove le diverse condizioni vengono tutte raggiunte nello stesso reattore, ma in tempi diversi. Il trattamento consiste in un ciclo solitamente di cinque fasi: riempimento, reazione, sedimentazione, estrazione e di inattività (con prelievo di fanghi di supero quando necessario). Durante la fase di reazione, l’ossigeno viene fornito, tramite un sistema di aerazione (diffusori), ai batteri che ossidano la sostanza organica analogamente ai sistemi a fanghi attivi in continuo.
In una fase successiva l’aerazione viene arrestata per consentire al fango di sedimentare (per tempi tra 1 e a 5 ore). Segue poi la fase successiva dove l’acqua chiarificata (surnatante), separata dal fango per decantazione, viene scaricata dalla camera di reazione.
A seconda della velocità di produzione di fango, nella fase di inattività può essere rimosso quello in eccesso (fango di supero). Terminata la fase di inattività il volume viene riempito nuovamente con acque reflue per un nuovo ciclo.
Per impianti di medie dimensioni si raccomanda l’utilizzo di due linee parallele in modo da poter trattare anche portate in continuo in modo che una linea riceva il refluo mentre l’altra è in fase di esercizio oltre che per garantire una maggiore flessibilità per le operazioni di manutenzione.
Per impianti di ridotte dimensioni (ad esempio al servizio di piccoli nuclei abitativi) si può utilizzare un solo bacino di reazione; in questo caso, l’affluente può essere accumulato in uno specifico comparto di compensazione che ha anche la funzione di sedimentazione primaria.
Gli impianti SBR si adattano bene a apporti di reflui di modeste entità (basso numero di abitanti equivalenti) poiché si può in prima approssimazione assumere che la dimensione di ciascun serbatoio sia determinata dal volume di acque reflue prodotte durante il periodo di trattamento nelle altre linee.
La particolare gestione a fasi permette anche fasi anossiche, nitrificazione e denitrificazione del refluo.
L’impianto SBR richiede normalmente sistemi di pretrattamento meccanici come la grigliatura fine o la stacciatura o più semplicemente una fossa settica poiché i materiali grossolani possono intasare valvole o interferire con gli organi di controllo e di regolazione.
Per piccole soluzioni si può operare una configurazione semplificata riducendo i trattamenti primari; fondamentale però è il pre-trattamento di acque grigie contenenti oli e grassi organici (origine animale e vegetale) come i degrassatori.
L’effluente può essere scaricato in un corpo recettore (eventuale disinfezione a valle) o sottoposto ad ulteriori trattamenti a seconda degli standard depurativi richiesti (trattamenti terziari); in questo caso si rende necessario uno ulteriore stoccaggio a valle.
I reflui in uscita possono essere ulteriormente trattati ai fini del riutilizzo delle acque (si veda recupero acque reflue).
È possibile una notevole automatizzazione delle operazioni per limitare l’intervento del personale ed ottimizzare il funzionamento degli impianti.
L’elettronica e i microprocessori sono un notevole supporto per l’automatizzazione del funzionamento, il monitoraggio e gli allarmi. L’aggiunta di un serbatoio di stoccaggio dei fanghi di supero e chiarificazione permette di ridurre la frequenza degli interventi di spurgo pertanto rappresenta un notevole risparmio in termini di costi di gestione (da considerarsi per tutta la vita utile dell’impianto).

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Principi di progettazione

I sistemi SBR sono solitamente utilizzati per piccoli impianti pertanto operano nel campo dell’areazione prolungata, il che comporta una nitrificazione dei composti azotati.
Vi sono moltissime possibilità di impostazione del ciclo operativo a seconda degli obbiettivi, come l’abbattimento della frazione carboniosa, la denitrificazione o la denitrificazione spinta o la defosfatazione.
La molteplicità delle tipologie di SBR attualmente disponibili rende difficile avere un approccio e linee guida unificate applicabili al dimensionamento di un SBR in tutte le sue molteplici configurazioni.
Pertanto ai fini del dimensionamento si deve ricorrere inequivocabilmente all’esperienza specifica acquisita nell’ambito della depurazione biologica ed alle prestazioni testate e certificate dei singoli impianti.
Alcuni autori indicano valori tipici di progetto sono fattori di carico intorno a 0,10 – 0,15 kg BOD5/kg SS al giorno e una concentrazione operativa di 2,5 – 3,5 kg di SS/m3.
I parametri che frequentemente possono cambiare sono le modalità di alimentazione, la distribuzione e la durata dei cicli e delle fasi.
L’Environmental Protection Agency (EPA, 1999), per esempio, suggerisce di utilizzare per la depurazione di reflui di origine civile, 6 cicli al giorno, ognuno della durata di 4 ore, un fattore di carico organico (F/M) compreso nell’intervallo 0,15-4,0 kg BOD/kg SS d ed un tempo di residenza idraulica variabile fra 6 e 14 ore.
Nel caso del trattamento di reflui di origine industriale, i campi di variabilità dei suddetti parametri progettuali risultano molto più ampi, rendendosi quindi necessario uno studio dedicato nello specifico caso di interesse.
Il principale parametro di dimensionamento per reflui civili o assimilabili è il concetto di abitante equivalente (AE); normalmente ci si riferisce ad esso con un apporto di 60 g BOD5 al giorno e una portata tra i 150 e 200 litri al giorno.
Sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista normativo (EN 12566-3) è richiesta la definizione del carico organico giornaliero nominale in termini di BOD5 e della portata idraulica nominale (QN) in m3.
La normativa europea definisce la popolazione totale PT) come la somma della popolazione reale e di quella equivalente.
Il progetto deve essere basato su una stima accurata della composizione delle acque reflue la quantità di inquinante organico e il volume giornaliero scaricato; con una più precisa caratterizzazione del refluo è possibile stabilire in modo più corretto quali sono i carichi in ingresso e il rapporto con i nutrienti necessari alle reazioni biologiche, valutando l’opportunità di dosare additivi per permettere le reazioni biologiche.
Il dimensionamento è normalmente condotto in riferimento all’equivalenza in abitanti rispetto al carico organico (BOD5); è importante stabilire con precisione a quali parametri fanno riferimento i prodotti sul mercato; in diversi paesi d’Europa sono utilizzati differneti valori per definirlo.
A valle possono essere previsti trattamenti di affinamento (vedi filtrazione terziaria o disinfezione).
Rispetto ai trattamenti primari, il dimensionamento deve essere più preciso; il processo biologico richiede alimentazione del refluo (e quindi della sostanza organica che alimenta le reazioni) più regolare nel tempo. Nonostante sia concesso un buon grado di flessibilità è consigliabile, per impianti, di potenzialità maggiori, suddividere il trattamento in più linee. Nel caso di più linee, è possibile aggiungere comparti equalizzazione per garantire uniformità qualitativa e quantitativa del refluo in ingresso.

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Gestione e manutenzione

Per la corretta gestione dell’impianto è necessario personale qualificato ed autorizzato per effettuare le operazioni di manutenzione e spurgo.
Le apparecchiature meccaniche ed elettroniche (mixer, aeratori e pompe, quadri, PLC) devono essere oggetto di controlli periodici e regolari.
Per una corretta gestione dell’impianto è importante il monitoraggio delle concentrazioni e dei livelli di fanghi e di ossigeno disciolto (OD) nelle vasche di aerazione mediante apposita strumentazione (pH-metri, termometri, misuratori di ossigeno, cono Imhoff, ecc.). Anche le acque in ingresso sono oggetto di controllo, sia per valutare i rendimenti del processo depurativo che per evitare, in caso di necessità, apporti anomali di inquinanti che potrebbero bloccare o arrestare completamente il processo biologico o facilitare lo sviluppo di organismi nocivi che potrebbero incidere sul processo (ad esempio, batteri filamentosi).
Per controllare il processo e migliorarne l’efficienza spesso si ricorre al dosaggio di nutrienti o integratori.
Queste operazioni, così come i controlli e le misure, possono essere realizzati con un sistema parzialmente o totalmente automatico dotato anche di telecontrollo; molto frequente è l’utilizzo di un Controllore a Logica Programmabile (PLC) che permette di interfacciare tutti i controlli, le apparecchiature elettromeccaniche e un personal computer con soluzioni molto flessibili e rapidamente modificabili.
La soluzione impiantistica tratta i reflui con andamento discontinuo; ciò non significa però che sia possibile affrontare lunghi periodi di inattività senza portare all’arresto della reazioni biologiche e quindi richiedere un nuovo avvio dell’impianto.

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Inquadramento normativo

L’impianto SBR è a tutti gli effetti un sistema di trattamento delle acque reflue e pertanto, per quanto riguarda gli impianti con potenzialità inferiore ai 50 abitanti equivalenti, si fa riferimento alla normativa europea EN 12566-3
La normativa europea EN 12566-3 “specifica i requisiti, i metodi di prova, la marcatura e la valutazione di conformità per impianti di trattamento delle acque reflue domestiche preassemblati e/o assemblati in sito per una popolazione fio a 50 abitanti […]”
La designazione nominale di un impianto è il valore appropriato per il carico organico giornaliero espresso in kg di BOD5 al giorno e per la portata idraulica giornaliera espressa in metri cubi (QN) (3.7).
Inoltre, sempre nella citata normativa, si dice che l’impianto deve dimostrare la conformità alle prestazioni di efficienza […] e ai dati operativi dichiarati dal fabbricante e la dichiarazione deve essere espressa in termini percentuali.
Si precisa inoltre che il comportamento strutturale e l’efficienza idraulica possono essere provati anche solo su un modello rappresentativo della gamma: il primo sul più grande, presunto come quello con comportamento strutturale peggiore, il secondo sul più piccolo, presumendo che rappresenti l’efficienza di trattamento peggiore.
La normativa descrive i metodi statici e idraulici per determinare resistenze al carico e efficienza idraulica.
Sono dettagliate anche le informazioni da riportare nei rapporti di prova e nella marcatura CE (allegato ZA.3)
Pertanto, per impianti a fanghi attivi al disotto di 50 abitanti equivalenti, è richiesta una Dichiarazione di prestazione (DoP) secondo quanto indicato dal Regolamento UE n. 305/2011.

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Applicabilità

L’impianto a fanghi attivi sequenziale anche detto SBR (Sequencing Batch Reactor) è adatto a trattare piccole e medie utenze in termini di popolazione equivalente.
Esso necessita di un personale qualificato, di connessione e di attrezzature tecniche (pezzi di ricambio, apparecchi di monitoraggio, ecc.).
Il processo a fanghi attivi è appropriato in quasi tutti i climi. Tuttavia la capacità di trattamento e i rendimenti sono molto sensibili alla temperatura. In climi più freddi sarà necessario dimensionare l’impianto con volumi superiori.
Gli impianti SBR, con idonei pre-trattamenti sono impiegati per il trattamento dei reflui di origine civile domestica o assimilabile di piccoli e medi nuclei abitativi, per strutture ricettive come alberghi, campeggi, hotel, ecc.

Vantaggi

  • resistente a shock biologici e idraulici;
  • sedimentazione in condizioni ottimali, velocità nulla dell’acqua;
  • buona riduzione del BOD e patogeni;
  • buona riduzione dei solidi sospesi (SS) e dei nutrienti;
  • buona qualità dell’effluente;
  • minori aree occupate ridotte rispetto a sistemi naturali;
  • omogeneizzazione del refluo;
  • integrazione con altri sistemi (terziari, recupero acque, ecc.);
  • possibilità di gestione automatizzata e controlli in remoto;
  • fanghi di supero stabili e in ridotte quantità.

Svantaggi

  • maggiore investimento iniziale rispetto ai soli trattamenti primari;
  • necessita di allacciamento alla rete elettrica;
  • costi operativi e consumo di energia;
  • richiede più linee o un volume di compenso;
  • gestione e manutenzione da parte di personale qualificato;
  • avviamento impianto necessario;
  • pezzi di ricambio (manutenzione programmata);
  • dimensionamento più preciso rispetto ai trattamenti primari;
  • smaltimento fanghi di supero.

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