Impianti di Prima Pioggia
Categorie
Descrizione
Categoria/tipologia: trattamento acque di dilavamento.
Ambiti d’uso: civile, urbanizzazioni, poli industriali, commerciale.
Superfici servite: da 100 a 10000 mq.
Portata: da 1,0 m3/gg a 100 m3/gg.
Riferimenti normativi e garanzie: EN 858-1 e 858-2, D.Lvo 152/06, normative regionali.
Materiali: calcestruzzo, polietilene, polipropilene, vetroresina.
Riduzione della diffusione degli inquinanti.
L’impianto di prima pioggia, a differenza del degli impianti di trattamento in continuo, si utilizza quando è preponderante il fenomeno della prima cacciata inquinata (first foul flush). Si osserva infatti che nel periodo iniziale dell’evento meteorico si presenta una concentrazione molto alta di inquinanti, che tende ad attenuarsi con il prolungarsi dell’evento meteorico, una volta che le superfici sono state dilavate ed è diminuito il materiale asportabile.
Si nota anche che le piccole piogge non riescono ad asportare grandi quantità di materiale, mentre quelle più intense asportano grani quantità di sedimenti.
Anche in casi di reti miste, però, dove una parte delle acque meteoriche viene convogliata all’impianto di depurazione, è significativo notare che la parte iniziale dello sfioro trasporta elevate percentuali del carico inquinante totale e gran parte transita prima del picco di portata.
Questo porta a ripensare al concetto di sfioro e taglio delle portate operato dagli scaricatori di piena delle reti miste, che quindi convogliano al depuratore portate poco inquinate con lo svantaggio di diluire le portate nere, ma nel contempo portano a deviare quelle piogge più cariche di inquinanti.
Principi di progettazione
L’impianto di prima pioggia è quasi sempre concettualmente un invaso fuori linea che trattiene soltanto la prima parte dell’evento meteorico, considerato quello più inquinato. Esso infatti opera trattenendo un determinato volume d’acqua per poi restituirlo al recettore o al collettore fognario una volta esaurito l’evento meteorico.
Il suo scopo non è quello di limitare le portate transitanti, per le cui problematiche si rimanda alle vasche di laminazione, ma è quello di trattenere la maggior parte degli inquinanti concentrati nella prima parte dell’evento meteorico.
Lo schema tipico di un impianto di prima pioggia è composto principalmente da: un manufatto di ripartizione delle portate, che permette di scolmare i volumi eccedenti rispetto a quelli da trattare, un comparto di accumulo, un comparto di sedimentazione (dissabbiatura, che spesso è operata insieme all’accumulo) e un comparto di rimozione degli oli e idrocarburi (liquidi leggeri).
L’impianto è corredato solitamente da sistemi per il controllo degli sfiori, gruppi di sollevamento, sensori, filtri a coalescenza e sistemi di allarme e automatizzazione.
L’approccio teoricamente più corretto è quello di analizzare le piogge individuando il volume più adatto per massimizzare la rimozione degli inquinanti; di conseguenza si potranno valutare i diversi comparti con i corretti tempi di sedimentazione e le portate da trattare.
Il volume accumulato sarà movimentato con gruppi di pompe solitamente temporizzate.
Il comparto di rimozione dei liquidi leggeri segue i criteri di dimensionamento dei deoliatori considerando però la portata media proveniente dalle elettropompe. I separatori sono dotati di filtro a coalescenza e otturatore automatico a seconda delle esigenze e in riferimento alle normative.
Si noti che la rete di drenaggio a monte sarà dimensionata in funzione della massima portata di pioggia (portata di picco), così come il by-pass, mentre l’accumulo, il comparto di disoleatura e lo scarico a valle invece in funzione della portata trattata.
In caso di necessità può essere previsto un ulteriore di trattamento di separazione sulle seconde piogge scolmate dal separatore.
In taluni casi, dove è prevista una qualità del refluo in uscita molto alta, si possono abbinare impianti di prima pioggia a trattamenti terziari ,come comparti di filtrazione o impianti chimico-fisici oppure biofiltrazione.
Questa soluzione è correttamente impiegata laddove si può considerare preponderante la presenza di inquinanti nella prima parte dell’evento meteorico e dove sarebbe comunque molto difficile e oneroso trattare portate provenienti da aree molto vaste (parcheggi centri commerciali, grandi piazzali, ecc.). Dove si riscontra una continua presenza di inquinanti è più opportuno optare per un impianto in continuo delle acque meteoriche.
Gestione e manutenzione
L’impianto richiede periodici controlli agli organi meccanici, alle elettropompe e ai sistemi di controllo. Devono essere previsti spurghi periodici per l’allontanamento del materiale accumulato: tipicamente sabbie, oli e idrocarburi con la presenza di inquinanti pericolosi come metalli e patogeni. Le operazioni di spurgo e pulizia devono essere effettuati da personale qualificato e autorizzato e il materiale deve essere conferito a specifici sistemi di stoccaggio e trattamento.
Inquadramento normativo
A supporto dei criteri di progettazione molti Enti hanno definito le richieste in termini di evento considerato inquinato: in Italia per esempio è specificato che è necessario trattenere e trattare i primi 5 mm di pioggia, da considerare nel primo quarto d’ora dell’evento meteorico.
L’impianto è composto da un comparto di separazione di liquidi leggeri (deoliatore) che spesso è di tipo prefabbricato: pertanto si fa riferimento alle norme EN 858-1 e 858-2.
In molti casi le normative locali fanno riferimento ai casi in cui è richiesto un impianto di prima pioggia o un impianto in continuo.
Applicabilità
Lo scopo degli impianti di prima pioggia è limitare la diffusione degli inquinanti provenienti dal dilavamento delle superfici pavimentate con gli opportuni trattamenti, da non confondere con le vasche destinate alla protezione e idraulica del territorio nei confronti dei massimi eventi di piena dette vasche volano o di laminazione.
Si utilizza sia su reti pubbliche miste, per trattenere la prima parte della pioggia scolmata ed anche sulle reti separate sulla linea delle acque bianche.
Sempre più frequente è richiesto dagli Enti come sistema di trattamento necessario a valle della rete di drenaggio privata, prima dell’ingresso in quella pubblica.
Soluzione molto efficace anche per la diffusione del trattamento sul territorio, richiede però un’ulteriore suddivisione delle portate meteoriche, tra quelle che possono contenere inquinanti (dilavamento piazzali, aree di manovra, ecc.) e quelle di superfici non contaminate (tetti, coperture terrazzi). Se è pur vero che si crea una duplicazione delle reti, per contro si offre una possibilità di individuare diversi metodi di smaltimento delle le acque meteoriche non inquinate, come pozzi perdenti (dispersione in falda) o corpi recettori naturali. Sempre più Enti richiedo questo accorgimento per ovviare al sempre crescente problema delle portate di picco nella rete di drenaggio, limitando i volumi richiesti per eventuali vasche di laminazione. La suddivisione apre anche alla possibilità di convogliare le sole acque delle coperture per il riutilizzo delle stesse in ambito domestico o irriguo.
Vantaggi
- controllo inquinanti pericolosi;
- miglioramento della qualità dei corpi idrici;
- semplicità del trattamento;
- consumi energetici ridotti;
- ridotta occupazione di aree (installazione interrata);
- lunga vita utile.
Svantaggi
- manutenzione frequente;
- funzionamento con elettropompe;
- trattamento depurativo di bassa efficienza (per usi particolari sono richiesti
- trattamenti aggiuntivi);
- spurghi periodici, in funzione dell’utilizzo, effettuati da ditte autorizzate (autoespurghi).
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